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Editoriale 128

La comunicazione sui media
24 - 30 aprile

2 maggio 2023

Censura cinese tra Covid e sicurezza nazionale. Ritorno al futuro dei media digitali. Wikipedia sempre più influente. Newsmax corteggia Carlson. Piccoli, sporchi segreti delle conferenze stampa alla Casa Bianca.

La Redazione


Censura cinese tra Covid…


Da un’inchiesta condotta dal New York Times, è emerso che la morsa di Pechino sulle informazioni riguardanti il Covid-19 è molto più incisiva di quanto molti ricercatori non sappiano. Una vera e propria campagna di censura ha preso di mira riviste internazionali e database scientifici, scuotendo le fondamenta della conoscenza scientifica condivisa. Gli scienziati cinesi hanno nascosto dati, ritirato sequenze genetiche dai database pubblici e alterato dettagli cruciali nelle pubblicazioni. I direttori delle riviste occidentali hanno favorito questi sforzi acconsentendo alle modifiche o ritirando gli articoli per motivi non chiari, come ha rilevato il Times. Gli effetti della censura sono noti: ha privato medici e politici di informazioni importanti sul virus nel momento in cui il mondo ne aveva più bisogno. Ha alimentato la sfiducia nella scienza in Europa e negli Stati Uniti e gruppi come l'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno dato credito a dati confusi e a tempistiche imprecise. Si può affermare senza dubbio che il controllo del governo cinese sulla scienza ha soffocato la ricerca della verità. Inizialmente la censura è stata frammentaria ma ben presto i ricercatori cinesi hanno chiesto alle riviste di ritirare pubblicazioni sui primi casi, sulle condizioni degli operatori medici e sull'ampiezza della diffusione del virus: tutte informazioni che avrebbero potuto mettere in cattiva luce il governo. In seguito, la Cina ha formalizzato i suoi controlli. Una task force governativa è stata incaricata di tutte le ricerche sul coronavirus. Poiché gli scienziati cinesi sono stati “imbavagliati”, oggi è difficile distinguere chiaramente tra i documenti censurati e quelli ritrattati per motivi scientifici legittimi. Alcuni temi rimangono dei veri e propri misteri, come l’origine del virus. Tutto ciò ha alimentato una narrazione totalmente fuorviante, secondo cui la Cina dapprima vittima del Covid-19 sia poi diventata la vera vincitrice sul virus (vedi Editoriale 100). Nonostante le recenti scoperte, il controllo del governo sulla scienza continua. Questo mese, gli scienziati di Pechino hanno dichiarato che è giunto il momento di iniziare a indagare al di fuori del Paese per scoprire le origini del virus.



… e sicurezza nazionale


Per ridurre ulteriormente l’influenza straniera, il Partito comunista cinese sta creando una scatola nera per rendere praticamente impossibile l’accesso a determinate informazioni o dati sulla seconda economia più grande del mondo. Spinte da motivi di “sicurezza nazionale”, negli ultimi mesi le autorità cinesi hanno limitato o addirittura interrotto l'accesso all'estero a vari database. Tra questi, quello che ha generato maggiore preoccupazione è Wind Information Co., i cui dati economici e finanziari sono ampiamente utilizzati da analisti e investitori sia all'interno che all'esterno del Paese. Molti think tank, centri di ricerca e altre organizzazioni straniere non riescono a rinnovare gli abbonamenti a Wind per problemi di “conformità”. Da segnalare che tutto ciò fa seguito al recente ampliamento della legge anti-spionaggio cinese. Il Wall Street Journal scrive che queste iniziative stanno infastidendo imprese e investitori stranieri, che vedono i propri investimenti in Cina sempre più a rischio. Per molte aziende la Cina rimane un mercato cruciale, ma alcuni recenti sondaggi mostrano che sempre più imprese americane ed europee stanno iniziando ad investire in paesi diversi dalla Cina.



Ritorno al futuro dei media digitali


L’allontanamento di Facebook dalle notizie, la tanto contestata spunta blu di Twitter, la chiusura di BuzzFeed News, i tagli a Insider e i tormenti di Vice. Secondo Max Tani di Semafor, si tratta di alcuni segnali della fine del social web, che ha definito gli ultimi dieci anni per i consumatori di notizie. E la nuova era dei media digitali potrebbe essere molto simile a una precedente, caratterizzata dal traffico sulla homepage, blog e newsletter di nicchia. “Gli anni 2010 sono stati una deviazione, non un nuovo percorso”, ha affermato il caporedattore di Slate, Hillary Frey. Diversi editori hanno notato che i lettori non trovano più gli articoli su Facebook o Twitter e di conseguenza vanno direttamente alla homepage. Fa scuola il caso HuffPost, sempre meno dipendente dalle piattaforme social: il sito liberal è ancora una volta redditizio grazie al traffico sulla homepage e alla volontà degli inserzionisti di supportare alcuni dei suoi contenuti. Curioso notare che Jonah Peretti, CEO di BuzzFeed (proprietaria di HuffPost), sette anni fa sosteneva che il futuro delle news fosse proprio sui social media. Oggi, Peretti attribuisce ai social una delle cause principali della chiusura di uno dei progetti giornalisticamente più interessanti degli ultimi dieci anni, BuzzFeed News. Anche Fox News, protagonista in questi giorni tra il caso Dominion e il licenziamento della star Tucker Carlson, ha visto negli ultimi mesi un importante aumento del traffico sul suo sito con il 70% dei visitatori arrivati direttamente alla homepage, senza dunque passare dalle piattaforme social. Il panorama dei media digitali oggi sembra quindi molto familiare. Tuttavia rimane sempre difficile prevedere quale potrebbe essere la prossima evoluzione, specialmente in presenza di abitudini radicate relative al consumo di notizie online. A qualcuno non dispiacerebbe se i media “ritornassero ad un’era ancora precedente”, in tal senso la prossima tappa potrebbe essere il revival dei giornali.



Wikipedia sempre più influente


Anche se il modo in cui opera è ancora un mistero, Wikipedia rimane uno dei siti più visitati al mondo. Non solo. Come riporta Axios, l’enciclopedia online sta acquisendo sempre maggiore influenza poiché sui suoi dati vengono addestrati i nuovi strumenti di intelligenza artificiale. Wikipedia aveva già un ruolo centrale nella ricerca online ma l’avvento dell’AI ha fatto registrare al sito 279 miliardi di utenti unici nell’ultimo anno, con un aumento del 22% su base annua. Tra gli argomenti più ricercati emergono ChatGPT e la serie “The Last of Us”. “Wikipedia è fondamentale per la reputazione online di brand e personaggi pubblici”, ha detto ad Axios Sam Michelson, CEO di Five Blocks. Ma aggiornare o modificare le pagine è complesso, motivo per cui sempre più utenti chiedono supporto a società che curano la reputazione e visibilità online.



Newsmax corteggia Carlson


Newsmax, il canale d'informazione conservatore di nicchia, ha approfittato del licenziamento di Tucker Carlson da Fox News - storica rete rivale - per dichiararsi la vera casa televisiva degli americani di destra. Finora la strategia si è rivelata efficace: benché l'audience di Newsmax rimanga di gran lunga inferiore a quella di Fox News, il suo pubblico in alcune ore è raddoppiato, e in alcune fasce orarie triplicato. Come riporta The New York Times, l’aumento degli ascolti risale al momento in cui la rete di Murdoch ha annunciato la sua separazione da Carlson. “La Fox si è mossa per abbracciare una posizione più simile a quella dell’establishment - ha dichiarato in una recente intervista il direttore generale di Newsmax, Christopher Ruddy - Vogliono rinunciare ad alcuni dei trumpismi e dei populismi del MAGA (Make America Great Again) dei quali Carlson si faceva eco”.  Sulla possibilità di prendere in considerazione l'assunzione di Carlson, Ruddy si è dimostrato disponibile ad una conversazione.



Piccoli, sporchi segreti delle conferenze stampa alla Casa Bianca


Uno scatto rubato che ritrae una vera e propria piccola guida nelle mani del presidente statunitense Joe Biden per rispondere alla domanda di una giornalista che gli sarebbe stata posta poco dopo. Il Washington Post approfondisce una pratica comune all’ufficio stampa della Casa Bianca – almeno dai tempi di George W. Bush, rivela un giornalista –, ossia chiedere in anticipo gli argomenti delle domandeche saranno poste al presidente in carica per prepararlo; una pratica che, però, specifica, solitamente non entra così nel dettaglio come in questo caso (vedi Editoriale 127). Le parti coinvolte smentiscono che la domanda sia stata fornita in anticipo: la Casa Bianca però specifica che i briefing con i giornalisti prima di un incontro con la stampa per informare il presidente sui giornalisti che saranno presenti e sui temi che potrebbero essere trattati, così come il porre domande ai giornalisti prima dei briefing della portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre e degli incontri informali tra giornalisti e funzionari, sono la norma. Un altro reporter ha inoltre rivelato, sempre sotto anonimato, di aver ricevuto di recente una mail da un membro dello staff della Casa Bianca in cui si chiedeva se ci fossero degli argomenti in particolare che volesse approfondire in un incontro imminente con un funzionario. E non serve una domanda specifica per indirizzare una conferenza stampa: anche vaghi suggerimenti (che possono poi dopo non corrispondere a quanto il giornalista chiederà effettivamente in conferenza stampa), infatti, possono essere di aiuto per sfoltire la lista di chi porrà la domanda per primo e identificare i giornalisti che potrebbero porre domande più scomode. Rassicurazioni a parte, l’episodio non è sfuggito ai Repubblicani, che hanno dedicato un tweet a Biden e al suo “cheat sheet”, a cavallo dell’annuncio della ricandidatura del presidente uscente. I motori per la campagna presidenziale del 2024 si scaldano.

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