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Editoriale 11

La settimana sui media
23 - 29 novembre

1 dicembre 2020

Capitalismo politico e capitalismo meritocratico, ne rimarrà solo uno. Il noioso Biden per far felici i mercati. Saper raccontare l’economia e diventare ministro del Tesoro. Cosa rimane ai media conservatori Usa. Il soft power alla prova del Covid. Un nuovo comunicatore per Arcuri. Una vittima secondaria del Covid, l’informazione. Come sta Internet? Una ricerca. Marketing, linguaggio e senso comune.

La Redazione

· Un anno dopo l'allarme di Wuhan, la Cina cerca di cambiare la storia delle origini del Covid. È in corso un crescente sforzo propagandistico per riabilitare la reputazione del Dragone e collocare la nascita del virus in altri paesi. Il regime utilizza i media nazionali, rinomati scienziati, promesse di vaccino efficace e, da ultimo, un nuovo studio, presentato a Lancet (sebbene non sia stato ancora sottoposto a peer review), che afferma che il salto del coronavirus da un animale all’uomo e poi la trasmissione tra persone si sarebbe verificata nel subcontinente indiano. Pechino è desiderosa di proteggere la sua reputazione in patria e all'estero, ma la posta in palio è molto più alta: è la conferma dell’appeal del capitalismo politico cinese nei confronti del capitalismo liberal – meritocratico degli Stati Uniti, come vuole dimostrare Branko Milanovic nel suo Capitalismo contro Capitalismo, in cui si prefigura una contrapposizione crescente tra i due sistemi la cui soluzione determinerà il corso del 21° secolo. La Cina sembra considerare il Covid 19 un incidente di percorso, per quanto immane, e fa di tutto perché lo sembri anche al resto del mondo.


· Dopo 4 anni caotici, Wall Street può smettere di seguire l’account Twitter di Trump. Durante il suo mandato, l’ex presidente americano ha trasformato il suo feed Twitter in una singolare fonte di volatilità del mercato. Investitori di tutte le categorie si dicono pronti a voltare pagina su quello che è stato un periodo redditizio ma straordinariamente politicizzato e stressante per i mercati finanziari, dove hanno dovuto fare i conti con una forza imprevedibile le cui dichiarazioni spesso hanno avuto un impatto determinante sui prezzi delle azioni. In Capitalismo e ideologia, Thomas Piketty citava, tra le fonti indispensabili per la sua ricerca, i tweet di Donald Trump (insieme ai testi di Xi Jinping). Ora tocca a Biden, del quale, si sostiene, gli investitori non si lamenteranno. Piuttosto, potrebbero trovarlo un po’ noioso.


· La nomina del nuovo segretario al Tesoro americano ha messo d’accordo democratici e repubblicani. Janet Yellen sembra piacere a tutti, dai progressisti ai conservatori, dai keynesiani ai rigoristi, fino a Stiglitz e Rogoff, due economisti con convinzioni diametralmente opposte. Il perché di questo entusiasmo condiviso intorno all’ex presidente della Federal Reserve risiede, oltre che nella sua preparazione, nelle sue capacità comunicative: quando parla, tutto ciò che dice è incontrovertibile, perché è fattuale. La frase pronunciata recentemente, “economics should be about caring for real people” va proprio in questa direzione, specialmente in un momento storico dominato dalla pandemia. Per il Financial Times la persona giusta al posto giusto nel momento giusto.


· Fox News, dopo aver perso la sua star (vedi Editoriale 9), ha registrato un significativo calo di ascolti. Secondo Nielsen, il suo pubblico diurno è sceso del 32% dalle due settimane prima delle elezioni alle due settimane dopo. Non è insolito per un canale popolare tra i fan di un certo candidato vedere il suo pubblico diminuire quando quel candidato perde, basti ricordare il rapido crollo degli ascolti di MSNBC in seguito alla sconfitta di Hillary Clinton. La differenza qui è che Trump ha incoraggiato attivamente i suoi seguaci ad abbandonare l’emittente di Murdoch. Il peso mediatico dell’ex presidente è tutt’oggi molto rilevante, dai media tradizionali a quelli digitali. I media conservatori dovrebbero farsi bene i conti in tasca prima di trascurare il loro ultimo grande protagonista, oggi più che mai convinto di ricandidarsi tra 4 anni.


· In questo 2020 caratterizzato da estremi sconvolgimenti, l’immagine dei grandi paesi ha subito enormi variazioni generando di conseguenza nuovi equilibri e relazioni tra le nazioni. Nei rapporti di forza internazionali esiste un fattore che non è né militare né economico: si tratta del soft power, ovvero la capacità d’influenza di un paese attraverso mezzi diversi che possano dunque rafforzarne o indebolirne la reputazione (vedi Editoriale 4). Dagli Stati Uniti alla Cina, passando per la Germania e la Francia le simpatie e le antipatie tra le nazioni sono cambiate o addirittura invertite nel tempo, basti pensare all’aumento di credibilità ottenuto in Europa dagli Stati Uniti dopo l’elezione di Joe Biden o al calo della reputazione cinese a causa della pandemia (vedi Editoriale 9). Comportamenti, linguaggi e cultura rappresentano elementi essenziali del soft power per costruire prestigio, reputazione e per influenzare i rapporti di forza e le dinamiche internazionali, e ignorarlo rappresenterebbe un rischio per cui una nazione potrebbe pagarne le conseguenze.


· Casalino sta a Conte come Martino sta ad Arcuri. In vista dell’arrivo del vaccino e con l’augurio di evitare una nuova infodemia (vedi Editoriale 10), L’Espresso racconta che il governo ha mandato Piero Martino ad occuparsi dei rapporti con la stampa del commissario all'emergenza. Già portavoce di Dario Franceschini e capo ufficio stampa del Pd nonché deputato per due legislature, Martino non è un comunicatore qualsiasi ma un giornalista – politico con un’esperienza significativa alle spalle. Durante il primo lockdown, il governo ha commesso ripetuti errori di comunicazione istituzionale e di crisi. Chissà se proprio da questi errori Martino potrà costruire una narrativa chiara, trasparente e credibile di fronte alle prossime sfide che il commissario dovrà affrontare, l’arrivo e la distribuzione del vaccino su tutte.


· Sempre in tema di infodemia, Beppe Severgnini sul Corriere della Sera evidenzia l’importanza per un medico di saper comunicare. La pandemia ci ha insegnato che un bravo medico non è necessariamente un buon comunicatore: non ha quel tipo di formazione, non conosce determinati meccanismi. Gli effetti della comunicazione, nella sua semplicità, possono essere brutali: chi comunica deve saperlo. Ma da dove derivano gli errori della comunicazione scientifica? Difficoltà di semplificare argomenti complessi, poca dimestichezza con alcune dinamiche. Alla luce della prima infodemia e di ciò che l’ha scatenata, i media (a partire da quelli tradizionali) dovrebbero forse dare meno spazio agli scienziati e cercare i nuovi comunicatori della scienza?


· Secondo la ricerca realizzata da Fondazione Mondo Digitale nell’ambito del progetto Vivi Internet Al Meglio, la maggioranza degli intervistati, sia giovani che adulti, considera Internet come il principale veicolo di informazione. In particolare, i social media rappresentano oggi le principali fonti attraverso cui si informano le persone, ma questi stessi strumenti, in base a quanto emerge dall’ultimo Rapporto dell’Osservatorio sul giornalismo, sono anche quelli più soggetti alla diffusione delle fake news, come è evidente soprattutto in questo periodo di emergenza (vedi Editoriale 9). A pagare il prezzo di questa condizione sono sicuramente parte dei fruitori, spesso incapaci di riconoscere e contrastare le fake news, ma anche il mondo del giornalismo stesso. In questo momento di emergenza sanitaria globale è risultata infatti evidente una crisi linguistica e comunicativa per il settore del giornalismo, in difficoltà nel misurarsi tecnicamente con linguaggi e specifiche esigenze informative di carattere sanitario. Sembra quindi chiaro che la strada vincente per tutelare la corretta informazione passerà anche dalla tutela e dal rinnovamento della professione giornalistica per un efficace contrasto alla disinformazione.


· Storytelling, phygital e customer journey sono esempi noti di termini coniati nel mondo del marketing, un settore che ha un’influenza, a volte nefasta, sul linguaggio comune e le forme di senso. Un nuovo termine entrato a far parte di questo universo è “Humaning” coniato da Mondelez per lanciare la nuova strategia globale di marketing al fine di commercializzare snack in tutto il mondo. L’approccio, in questo caso, si trasforma quindi da Data-driven a Human-driven con l’obiettivo di creare connessioni reali e umane. Questa nuova espressione ha però da subito suscitato reazioni contrastanti e, in particolare, molti docenti e professionisti del settore hanno criticato questo ennesimo caso respingendo le continue trasformazioni del linguaggio del marketing, originale e creativo ma ormai ritenuto spesso fuori controllo ed effimero. Il marketing ha certamente trasformato il linguaggio comune con combinazioni stravaganti e valanghe di acronimi ma lo ha così forzato sempre di più al servizio della vendita.

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