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Editoriale 72

La comunicazione sui media
21 - 27 febbraio

1 marzo 2022

Lo zar online. La narrativa dell’aiuto fraterno. Tucker Carlson tifa per Putin. La svolta arcobaleno della Bestia. L’invasione dell’Ucraina secondo i media russi. Dissociazione cognitiva orwelliana.

La Redazione


Lo zar online


Un’analisi del New York Times mostra come dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, negli USA alcuni discorsi online su Vladimir Putin sono diventati più lusinghieri. Il sentimento pro-Russia è sempre più diffuso su Twitter, Facebook, YouTube, podcast di destra, app di messaggistica come Telegram e alcuni media conservatori. I commenti positivi sulla Russia sono un'estensione delle guerre culturali e delle politiche di lamentela che hanno animato la destra negli Stati Uniti negli ultimi anni. Il sostegno a Putin e a Mosca è ora espresso online in un guazzabuglio di fatti, osservazioni e opinioni, a volte intrecciate con fake news. Negli ultimi giorni, alcuni utenti si sono complimentati con Putin e hanno falsamente accusato la NATO di violare accordi territoriali inesistenti con la Russia, che hanno detto giustificare la dichiarazione di guerra del presidente russo all'Ucraina. In una fake news popolare che circola online, Putin e Trump starebbero lavorando insieme sulla guerra. In tutto, le narrazioni pro-Russia sui social media in lingua inglese, nella TV via cavo, nella stampa e negli outlet online sono aumentate del 2,5% nella scorsa settimana rispetto alla prima settimana di febbraio, secondo un'analisi della società di media insights Zignal Labs. Queste menzioni sono comparse 5.740 volte nella scorsa settimana, rispetto alle 214 della prima settimana di febbraio. Alcuni dei canali Telegram hanno più di 160.000 iscritti, mentre i gruppi e le pagine Facebook arrivano fino a 1,9 milioni di seguaci. Il sentimento pro-Russia è un netto distacco dal periodo della guerra fredda, quando l'Unione Sovietica era vista da molti americani come un nemico. Negli ultimi anni, questo atteggiamento si è spostato, in parte aiutato dall'interferenza della Russia. Prima delle elezioni presidenziali americane del 2016, gruppi sostenuti dal Cremlino hanno usato i social network come Facebook per infiammare gli elettori americani, creando più divisioni e resistenza al politicamente corretto. Dopo che Trump è stato eletto, è apparso spesso favorevole e spesso ammirato dalle azioni del presidente russo. Questo ha seminato una visione maggiormente positiva di Putin tra i sostenitori di Trump.



La narrativa dell’aiuto fraterno


In un articolo del Corriere della Sera viene presa in esame la narrativa dell’“aiuto fraterno” (nei confronti delle repubbliche separatiste di Donetsk e di Lugansk) con cui Putin si sta facendo scudo per giustificare la guerra in corso . Si tratta di uno dei tanti pretesti utilizzati dai Paesi occidentali e non solo per compiere attacchi, invasioni e bombardamenti nel corso della storia. Sono numerosi gli esempi in cui Mosca ha intrapreso azioni di “aiuti fraterni”, finalizzate solamente a consolidare la propria influenza: dall’intervento in Ungheria nel 1956 per sostenere un governo “legittimo” minacciato da una rivolta, al 1968 in Cecoslovacchia e all’invasione “fraterna” nel 1979 in Afghanistan per deporre il presidente Amin. Guardando più ad ovest, si ricorda l’ampia propaganda statunitense a favore dell’intervento in Iraq, basata sull’esistenza di armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein, notizia rivelatasi falsa troppo tardi. O ancora, la Francia con il bombardamento della Libia e la Nato con quello della Serbia: attacchi politici più che giuridici. In questa miscela di propaganda e fake news, drammaticamente sempre attuale, la narrativa dell’“aiuto fraterno” si è forse rivelata la più deleteria tra le bugie sulla guerra.



Tucker Carlson tifa per Putin


Come riporta The Washington Post, il conduttore di Fox News, Tucker Carlson, ha offerto il suo sostegno al presidente russo Vladimir Putin nonostante anni fa avesse tutt’altra stima della Russia. Per fare un esempio, dopo che la Russia aveva bloccato lo staff di ABC News per l'intervista a uno dei leader dei ribelli ceceni, nell’agosto 2005 affermò che “la libertà di stampa sta scomparendo in Russia”. In questi giorni, però, lo stesso Carlson sta dando “conforto” al presidente russo in quella che il conduttore, nel suo show, ha definito una mera "disputa di confine” con l'Ucraina. Qualche giorno dopo, il giornalista ha sottolineato come non si dovrebbe “essere in guerra con la Russia, anzi, tutti dovrebbero probabilmente prendere le parti della Russia in questa disputa”. Una spiegazione circa il suo appoggio a Putin - così come al leader ungherese Viktor Orbán - viene da Anne Applebaum dell'Atlantic: "Gli americani arrabbiati che ora trovano la loro strada verso Orbán o Putin non amano nemmeno il loro paese, sebbene per ragioni diverse. Non possono sopportare la sua diversità razziale, la sua cultura moderna, la sua stampa libera”.



La svolta arcobaleno della Bestia


La comunicazione leghista abbandona la gogna e la caccia al colpevole per mostrare solo lacrime e mazzi di fiori rivolti al popolo ucraino che resiste. Come riportato dal Foglio, i canali social del leader della Lega cambiano palinsesto lasciando spazio a video empatici sulla guerra, senza citare la Russia, e in Senato si fa portavoce di un claim arcobaleno: “Contano solo la pace e i bambini”.  Matteo Salvini ripudia la guerra, si appella al Papa per mediare, in Senato davanti a Mario Draghi cita Aldo Moro, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi e addirittura Romano Prodi, ma nella sua narrazione manca il colpevole, mancano i riferimenti a Putin e alla Russia. Ed ecco che tutto a un tratto è scomparso il documento firmato nel 2017 a Mosca nella sede del comitato esecutivo del partito di governo russo, da Salvini e dal vicesegretario generale del Consiglio per le relazioni internazionali di Russia unita, Serghei Zheleznyak. Anche il memorandum siglato tra il movimento giovanile della Lega e la Giovane guardia di Russia unita, del 17 novembre 2018, non è stato rinnovato perché è stato fatto “un gemellaggio lo scorso anno con i New York Young Republican”, ha spiegato all’Agi il nuovo coordinatore federale della Lega Giovani, Luca Toccalini, così come è sparito anche il sostegno mostrato da Salvini nei confronti di Putin durante gli scorsi anni. Insomma, una fuga completa da Mosca, perché questa è l’ora dell’accoglienza, ma di profughi “veri”, come sottolineato dal leader del Carroccio per non mandare in tilt la nuova Bestia arcobaleno. Dall’altro lato, lontano dai social c’è Giancarlo Giorgetti, impegnato sul dossier rigassificatori e preoccupato per le sanzioni e le ricadute sulle partite Iva del Nord Italia. La guerra purtroppo continua a svilupparsi e, nel frattempo, la Lega continua la sua metamorfosi tutta solidarietà e fiori.



L’invasione dell’Ucraina secondo i media russi


Sebbene le notizie relative all’invasione dell’Ucraina occupino spazio maggioritario nei media di tutto il mondo, diverso è chiaramente lo storytelling che ne viene fatto di paese in paese. In particolare, racconta un articolo de Il Post, la narrazione dei mezzi di informazione russi, sottoposti a controlli e censure governative, è quella di “un’operazione speciale” a difesa del Donbass, Donetsk e Luhansk, contro il “genocidio del regime di Kiev” e al fine di “demilitarizzare e de-nazificare l’Ucraina”. Una legge del 2019, infatti, sanziona duramente ogni dissenso contro le posizioni ufficiali del governo, rendendo del tutto marginali i casi di critiche nei confronti delle decisioni di Putin espresse su mezzi di informazione russi. Per questa occasione, inoltre, è stata espressamente proibita la divulgazione di informazioni “non ufficiali”. “Non è stato Putin a invadere l’Ucraina”, ha affermato il conduttore Yevgeny Popov, e “La Russia non sta bombardando le città ucraine: Ministero della Difesa” è il messaggio apparso in sovrimpressione sui video del conflitto. L’evento è quindi presentato come la fase conclusiva (e non iniziale) di una guerra durata anni [che] finalmente finirà”. “Al contrario delle bugie dei media occidentali – viene affermato in televisione – le strade sono tranquille e calme nella capitale ucraina”. Rossiyskaya Gazeta, quotidiano ufficiale del governo russo, ha riportato un articolo scritto per mano dello stesso Putin, relativo alle presunte minacce occidentali alla sovranità della Russia. Tra le poche eccezioni, Novaya Gazeta e il quotidiano sportivo quotidiano sportivo Sovetskij Sport (che il 25 febbraio ha aperto la prima pagina con uno sfondo nero e il titolo “Non è il momento per parlare di calcio”) hanno espresso apertamente il proprio dissenso.



Dissociazione cognitiva orwelliana


Le immagini e testimonianze che vediamo ogni giorno dall’Ucraina mostrano il ritorno della guerra in Europa che, con i nuovi mezzi di comunicazione e il mondo social, sentiamo ancora più vicina. Il racconto di quanto accade è però diverso e alterato se visto da territorio russo: la propaganda di Putin vuole infatti mostrare la guerra come necessaria e trionfo della vecchia unione sovietica anche se la pervasività dei nuovi media sta mostrando le crepe di questa narrazione che non è più credibile per una parte del popolo russo. Il mondo dell’informazione russo si rifiuta di conoscere i bombardamenti e le attività militari condotte dall’esercito del Cremlino, creando contenuti alterati e generando quindi, come riportato da Il Foglio, una sorta di dissociazione cognitiva orwelliana che però sta trovando contrasto in diverse occasioni. La consapevolezza che è nata in alcune parti della popolazione russa crea preoccupazione nel Governo, che teme ricadute nella stabilità interna del paese e cerca dunque di prendere provvedimenti anche per limitare la diffusione di Facebook. La comunicazione e il racconto dei fatti definisce inevitabilmente la nostra percezione della realtà ma, in questo caso, il ruolo dei social rappresenta la concreta democratizzazione e anima libera del popolo.

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