top of page

Editoriale 52

La comunicazione sui media
04 - 10 ottobre

12 ottobre 2021

Facebook, tra interessi economici e crisi reputazionale, e fake news, tra illusione e disincanto. Giorgia sui social: un’analisi di Reputation Science. Fox News festeggia un quarto di secolo. La storia zoppa della “La scuola cattolica”.

La Redazione


Facebook tra interessi economici e crisi reputazionale


Gli ultimi eventi che hanno coinvolto Facebook stanno portando la società verso un punto di non ritorno a livello reputazionale, e questo potrebbe condurre a gravi conseguenze economiche. In un articolo del The economist vengono riassunti tutti i problemi che l’azienda ha dovuto affrontare nelle scorse settimane: il 4 ottobre Facebook, insieme a Whatsapp e Instagram, sono rimaste spente per più di sei ore e il giorno dopo Frances Haugen, ex dipendente, ha raccontato al Congresso americano fatti devastanti per la reputazione della società di Zuckerberg (vedi Editoriale 51). Da un rapporto interno, infatti, è emerso come l’azienda sia perfettamente a conoscenza del fatto che Instagram provochi danni psicologici agli adolescenti, ma ancora non è stato fatto nulla per arginare il problema, anche se era stata proposta una versione di Instagram per gli under 13 (proposta poi bocciata in quanto non sarebbe stata accolta favorevolmente dagli utenti). Oltre a Instagram, il problema più importante di Facebook è il controllo della diffusione delle fake news. Zuckerberg ha già affidato la gestione del problema a un “comitato di sorveglianza", un corpo che dovrebbe decidere su questioni che riguardano la disinformazione, ma si sa che uno degli affari più importanti del social è proprio la circolazione di notizie false. La Haugen ha anche riportato che il social sta registrando un calo notevole di utenti adolescenti, tendenza che potrebbe velocemente acuirsi nei prossimi due anni. Il dato preoccupa molto gli investitori che si lamentano anche di non avere una visione trasparente dell’azienda. Allo stesso tempo i politici sono infuriati, anche se Zuckerberg lamenta il fatto che dovrebbe essere proprio il governo a porre limiti all’utilizzo dei social tra i più giovani e non le compagnie stesse. Ciò che emerge da questo quadro preoccupante è che Facebook e le altre app della stessa proprietà sembrano essere più interessate al profitto economico che alla salute mentale dei loro utenti o alla corretta informazione: gli ultimi eventi non sono passati inosservati e ora è necessaria una riflessione più profonda sulla loro responsabilità e sul loro operato. Si sta diffondendo un’opinione sempre peggiore di Facebook e se il governo non dovesse prendere decisioni drastiche per contenere il suo potere, rischierebbe di unirsi ad altre aziende intoccabili americane (big tobacco), ma a quel punto Zuckerberg dovrebbe rinunciare al suo staff più giovane e liberale.



Fake news, tra illusione e disincanto


Su un campione di duemila intervistati, quattro cittadini italiani su 10 ritengono di notare fake news quasi tutti i giorni. Un ulteriore 27% una o due volte a settimana. Sono i principali dati di un sondaggio, condotto dall’Istituto Demopolis per Rai Radio1, che fotografa la fragilità nel panorama dei media tradizionali e soprattutto dei social. Il 45%, dei cittadini dichiara di saper distinguere una notizia reale da una fake news, ma ben il 42% ammette invece di non saper sempre individuare le notizie false.  Come riporta il Corriere della Sera, per oltre 8 intervistati su 10, oggi le fake news nel campo della salute sono molto o abbastanza diffuse. E se la disinformazione è preoccupante in termini generali, in tema di salute può rappresentare un effettivo pericolo per i cittadini. In generale gli italiani si sono informati molto di più rispetto al passato da quando è iniziata la pandemia: un terzo lo ha fatto sui media tradizionali, 3 su 10 sui social. Il 38% dei cittadini sostiene di aver maturato dubbi sulla qualità delle informazioni e appena 1 persona su 4 afferma, inoltre, di fidarsi delle news diffuse sui social. Tra i media tradizionali è la Radio, con il 53%, ad essere percepita dagli italiani come il mezzo più affidabile. Poi c’è la tv con il 52%; mentre si scende al 48%, per i quotidiani. In ogni caso, mentre sembra che i social stiano diventando sempre di più uno dei principali mezzi di informazione, il 68% degli italiani riconosce oggi al giornalismo tradizionale un ruolo fondamentale o importante.



Giorgia sui social: un’analisi di Reputation Science


L’analisi delle tecniche della comunicazione politica si focalizza, in occasione delle elezioni amministrative di queste settimane, sul diverso uso dei canali social dei personaggi di spicco. In particolare, antagonismo e strategie offensive risultano essere la strategia preferita di Giorgia Meloni, secondo un’analisi statistica condotta da Reputation Science e riportata in un articolo di Prima comunicazione. Infatti, oltre il 32% dei post della leader di FdI prendono nel mirino gli avversari politici, in primis i ministri Lamorgese, Speranza e il Governo Draghi in senso lato. L’analisi considera poi altre 11 categorie di contenuti: call to action, candidati, coalizione, eventi elettorali, eventi/vita privata, idee programmatiche, leadership, media, risultati, solidarietà/ricorrenze e valori (in ordine per crescita/decrescita del numero di post). Nonostante il sentiment prevalentemente negativo delle reazioni (dovute soprattutto alla recente inchiesta condotta da FanPage), il seguito della Meloni è quasi raddoppiato dal maggio 2019 (+89%), ed è seconda solo a Salvini per numero di interazioni su Twitter (157 mila con 1,1 milioni di seguaci). Aumento vertiginoso su Instagram, i cui follower incrementano, nel medesimo periodo considerato, di oltre il 238%.  Utili gli endorsement di Vittorio Feltri e Azzurra Barbuto e più apprezzati dalla community i contenuti su migranti e green pass, meno quelli relativi a Reddito di Cittadinanza nonché i silenzi sui femminicidi. È ricorrendo a tali strategie che Giorgia Meloni si aggiudica così tra i politici italiani il terzo posto per menzioni in rete (5 mila), dietro a Draghi (8,5 mila) e Salvini (8,4 mila).



Fox News festeggia un quarto di secolo


The Washington Post celebra il 25esimo anniversario di Fox News, lanciata il 7 ottobre del 1996 sotto la direzione del capo della rete, Roger Ailes, e del magnate della News Corp., Rupert Murdoch. In quell’anno, il giornalista del New York Times, Bill Carter, sottolineò come "l'idea era di dare al signor Ailes un giocattolo con cui giocare, anche se, dato lo stato attuale di Fox News come descritto da alcuni addetti ai lavori, potrebbe essere un giocattolo fino a un certo punto”; come Brian Stelter ha sottolineato nella newsletter "Reliable Sources" della CNN, queste citazioni hanno ottenuto una certa rotazione in almeno un precedente anniversario di Fox News. Al momento della nascita della rete, il quotidiano statunitense sottolinea come gli spettatori dell’epoca non stavano guardando una rete di notizie di seconda categoria, bensì stavano assistendo al culmine di un riallineamento dei media. Ora, ancora di più rispetto a prima, l’emittente sembra avere un grande potere nel costruire la percezione nella mente degli spettatori.



La storia zoppa della “La scuola cattolica”


La scuola cattolica” è il film che racconta i fatti avvenuti a Roma tra il 29 e il 30 settembre 1975, quando due adolescenti furono rapite, stuprate e massacrate da due ragazzi dell’alta borghesia. Il “massacro del Circeo” è rimasto nella memoria collettiva non solo per le testimonianze della sopravvissuta, Donatella, scampata ai carnefici fingendosi morta, ma anche per le battaglie che ne sono conseguite e che hanno contribuito a inserire lo stupro tra i reati contro la persona. Fuori concorso a Venezia, la pellicola di Stefano Mordini aveva già scatenato un’accesa discussione per il divieto ai minori di 18 anni emanato dal Ministero della Cultura. Huffington Post ne fornisce una lettura alternativa, indicando quello che ritiene “il punto dolente”: “la rimozione chirurgica del clima politico che alimentò quel massacro”. In effetti, uno dei tre carnefici era un fascista appena uscito dal carcere, gli altri due, suoi seguaci. La violenza sembra, dunque, avere una componente ideologica non dovuta esclusivamente all’ipocrisia di famiglie e insegnanti. “Su tutto questo Mordini passa un colpo di spugna che non può essere preterintenzionale”, lamenta l’Huffington, “chi ricorda lo sa, ma ai millennials che andranno a vedere ‘La scuola cattolica’ si fornisce una storia zoppa”. Comunque, se Luchino Visconti amava dire che chi fa cinema ha una responsabilità morale, sociale e in definitiva politica, è evidente che in quest’opera sia stato scelto di rappresentare il fattore (non-) umano, al netto delle ideologie.

bottom of page