Editoriale 49
La comunicazione sui media
13 - 19 settembre
21 settembre 2021
Provocazioni politiche al Met Gala. Algoritmo padrone e il “collasso del contesto” sui social. Salvini: da Capitano a influencer del centrodestra. Il golpe delle fake news e disinformazione in Senato.
La Redazione
Provocazioni politiche al Met Gala
Ha fatto molto discutere l’abito che Alexandra Ocasio-Cortez ha scelto di indossare alla nota serata di gala del Met: il vestito della giovane deputata del Partito democratico per lo Stato di New York era totalmente bianco e recava la frase, scritta in rosso, “Tax the rich”. Un abito-manifesto, insomma, che esprimeva in modo sicuramente provocatorio uno degli obiettivi della battaglia politica della deputata. Nell’articolo di Formiche Martina Carone, docente di Analisi dei media all’università di Padova, analizza questa “non notizia” dal punto di vista della comunicazione. Questo caso, infatti, è un chiaro esempio di come il mezzo sia diventato parte del messaggio stesso, riprendendo la teoria dello studioso Marshall McLuhan, e, anzi, forse abbia distolto maggiormente l’attenzione. Cosa importante è che abbia fatto parlare: Alexandra Ocasio-Cortez è da sempre incline a utilizzare nuovi linguaggi, a lanciare provocazioni, ed è piuttosto attenta nel trovare l’occasione giusta per creare una notizia, con cui poter veicolare al meglio i propri slogan politici. Anche in passato la famosa serata di beneficenza organizzata dal Metropolitan Museum of Art è stata la cornice perfetta per ospitare provocazioni politiche, tuttavia viene da chiedersi se il messaggio di Ocasio-Cortez sia stato abbastanza efficace e recepito in modo corretto oppure totalmente assorbito dal mezzo, o meglio, dal vestito.
Algoritmo padrone
Periodicamente le big tech aggiornano o modificano l’algoritmo della propria piattaforma per premiare maggiormente alcuni contenuti o le interazioni tra gli utenti. Nel 2018 Facebook aveva aggiornato l’algoritmo, cosa che però ha avuto delle ripercussioni indesiderate causando l’aumento di contenuti divisivi. Tutto questo erano noto al fondatore Mark Zuckerberg che però ha volutamente scelto di non affrontare o risolvere il problema. Proprio per questo da allora il Wall Street Journal ha aperto un’inchiesta contro Facebook che era stata capace di creare una sovraesposizione di contenuti molto divisivi e interazioni perlopiù di persone arrabbiate. Come riporta il Corriere della Sera, solo all’inizio dello scorso anno Facebook ha deciso di provare a frenare questa tendenza, ma basterà la modifica dell’algoritmo per cambiare le ormai note dinamiche conflittuali che si generano sui social? Oppure servirebbe ridefinire e rielaborare la loro stessa struttura e influenza quotidiana?
Il “collasso del contesto” sui social
Ad aprile scorso, come riporta Il Post, la giornalista Elle Hunt conversando con amici a proposito di film e di generi cinematografici, decide di riportare su Twitter una questione emersa durante la conversazione proponendo un sondaggio: se il film Alien potesse essere considerato un horror. Rispondendo a un utente, espose la sua concisa posizione – «no, perché un horror non può essere ambientato nello Spazio». Il sondaggio è poi finito tra gli argomenti in tendenza ricevendo 120 mila voti e la sua opinione è stata citata da migliaia di persone, tra cui il regista Kevin Smith, che se la sono presa con lei per la sua affermazione sui film horror. La spiacevole esperienza di Hunt è uno dei numerosi esempi di interazioni sui social in cui un pubblico eccessivamente esteso elabora – in modi solitamente poco indulgenti – un’informazione inizialmente concepita per un pubblico molto più ristretto. Negli ultimi anni, alcune riflessioni intorno ai social media hanno descritto in termini sociologici questa circostanza come “collasso del contesto”, l’effetto prodotto dalla coesistenza di molteplici gruppi sociali in unico spazio. Il concetto sopracitato deriva dagli studi del sociologo americano Erving Goffman che si occupò di osservare come gli individui in un gruppo adattino la loro comprensione e definizione del contesto sociale in base alle diverse situazioni. In genere, le definizioni dei vari individui tendono a essere in armonia tra loro in modo che sia possibile stabilire un consenso operativo ed evitare situazioni di imbarazzo o conflitti. Mentre queste operazioni risultano relativamente semplici e automatiche nel caso delle interazioni di gruppo faccia a faccia, l’adattamento delle performance nei contesti online è complicata dalla compressione e dall’appiattimento di più tipi di pubblico in un unico contesto. Le piattaforme dei social hanno reso più sfumati e indefiniti i confini tra i gruppi sociali di riferimento, gruppi che per lungo tempo avevano modellato le relazioni personali e le identità degli individui, determinando così una specie di crisi di identità dell’individuo. Resta da chiedersi quanto il collasso del contesto sui social media debba essere inteso come un fenomeno problematico e dagli effetti imprevisti, o quanto sia invece da ritenere una caratteristica specifica delle piattaforme e una prerogativa del loro modello di business.
Salvini: da Capitano a influencer del centrodestra
Ciò che è chiaro della Lega da quando fa parte del governo è il fatto di essere composta di due anime: la prima, appunto, di governo e interessata più a ciò che c’è da fare che a parlare; la seconda, di facciata, interessata a non farsi rubare i voti dalla Meloni, unica leader di opposizione. Il Foglio riporta le opinioni di un Ministro anonimo del PD, che ha offerto una chiave di lettura molto interessante dello scenario politico attuale. Parla con rispetto della Lega di governo, che ragiona, dialoga, costruisce. L’esistenza di una doppia anima, invece, è data dal fatto che Salvini si sia evidentemente piegato ad una linea che non condivide, perché diversamente avrebbe perso la sua leadership. Pare che la linea di Salvini sia ormai diventata un problema all’interno del partito, che non vuole cercare un anti-Salvini, ma fare in modo di trovare una linea che consenta al leader di non fare troppi danni e concentrarsi su ciò che gli riesce meglio: l’influencer, la Chiara Ferragni del Carroccio. Il ruolo che pian piano sta assumendo Salvini, e le azioni concrete messe in campo dalla Lega negli ultimi mesi, fanno ben sperare sull’esistenza di una destra che non sia truce, estremista, nazionalista e antieuropeista. “In un mondo che cambia, chi fa politica non può non tenere conto dei cambiamenti del mondo”, disse Giancarlo Giorgetti pochi mesi fa. Ecco, probabilmente ha espresso l’idea di quella Lega che pensa più a ciò che c’è da fare, quella che potrebbe volersi avvicinare ad un’idea di politica più moderata e che manderebbe in crisi la dottrina salviniana. Con le amministrative alle porte, chissà che un eventuale insuccesso della Lega non porti la leadership di Salvini a diventare più formale che sostanziale, mettendo di buon umore anche i nemici della Lega.
Il golpe delle fake news
Formiche propone un’intervista a Mario Segni, padre della stagione referendaria degli anni ’90, figlio di Antonio (presidente della Repubblica e ministro Dc), che da poco è uscito in libreria con “Il colpo di Stato del 1964. La madre di tutte le fake news”. Il tema della chiacchierata è, appunto, il presunto golpe del ’64: per Segni “la madre di tutte le fake news”. Il libro permette al lettore di immergersi in quel delicato passato politico dove servizi segreti, carabinieri, istituzioni e presidenza della Repubblica erano preoccupati da una possibile avanzata del Pci. Al centro della scena, all’epoca, c’era proprio Segni. Tra le righe dell’intervista, si legge anche del rapporto tra Antonio Segni e De Gasperi (due persone “che avevano molte caratteristiche comuni: un’ispirazione cristiana profonda e una totale discontinuità con il periodo fascista”) e di quello con Aldo Moro, con cui “c’erano però differenza politiche molto profonde: Aldo Moro vuole il mantenimento della formula del centro-sinistra, mio padre invece vuole che la formula almeno in quella fase vada cambiata”.
La disinformazione in Senato, fra tesi no-vax e terapie non approvate
La settimana scorsa si è svolto l’International Covid Summit, un convegno pubblico sulle terapie domiciliari contro il virus che ha generato numerose polemiche: non solo in quanto palco di medici che in passato hanno sostenuto tesi contrarie al vaccino, ma anche perché uno degli incontri si è tenuto in Senato. All’evento hanno partecipato diversi politici, tra cui, riporta Wired, l’assessore alla Sanità del Piemonte Icardi, e due esponenti del Movimento Ippocrate. Gli “specialisti” del Movimento sono un gruppo di medici, ricercatori e altri operatori formatosi con la pandemia, che si propone di curare precocemente i pazienti Covid con alcune terapie ancora in fase di approvazione. Questi trattamenti si basano su farmaci come idrossiclorochina, ivermectina e colchicina, che – è la stessa pagina di IppocrateOrg a riportare in una sorta di liberatoria – sono sconsigliati dalle autorità sanitarie. Fa specie, dunque, che le Istituzioni lascino ancora spazio alla disinformazione, soprattutto quando in Italia ci sono state 119 segnalazioni di reazioni avverse al vaccino ogni 100mila dosi, di cui l’86% non gravi (dati Aifa).